
La Chimica verde 2.0 di Saracco, lancia uno sguardo sul futuro: sapremo liberarci dall’effetto serra imitando la natura ? Riassunto e provocazione.
Il futuro della chimica verde
La Chimica verde 2.0 lavora per raggiungere i seguenti obiettivi:
1) trasformare le energie incostanti e non immagazzinabili, come l’eolica e la fotovoltaica, in energia chimica facilmente stoccabile e trasportabile come l’idrogeno e il metano con la idrogenazione dell’anidride carbonica,
2) contrastare l’effetto serra captando l’anidride carbonica,
3) ridurre gli inquinanti dei rifiuti: forsu, fanghi fognari, deiezioni animali.
L’idrogenazione dell’anidride carbonica può avvenire per via biologica e per via catalitica.
La idrogenazione dell’anidride carbonica biologica
Si è osservato che i normali biodigestori che producono il biogas sono limitati dall’idrogeno. Aggiungendo idrogeno si può trasformare l’anidride carbonica in metano: il rapporto stechiometrico H2 e CO2 è 4:1, ma sperimentalmente se teniamo questo rapporto si produce solo un 80% di CH4, per ottenere si il 90% di metano e 5% di H2 e 5% di CO2 occorre avere un rapporto H2 e CO2 7:1.
L’idrogenazione dell’anidride carbonica biologica risente poco degli inquinanti tipici dei biogas.
L’idrogenazione biologica è meno efficiente di quella catalitica perché l’idrogeno è meno disponibile in acqua, l’H2 è 40 volte meno solubile della CO2 in acqua.
L’idrogenazione della anidride carbonica ha un costo elevato: 6,3 kWh/Nmc di CH4. Con l’energia elettrica rinnovabile si può produrre idrogeno dall’idrolisi dell’acqua, con ciò imitando la natura, e qui entra in gioco il sole.
La fotosintesi clorofilliana
La ricerca attuale cerca di simulare la naturale fotosintesi. La pianta utilizza solo il 10% altrimenti morirebbe. La fotosintesi clorofilliana è il modo più efficace per captare tutti questi terawatt in arrivo dal cielo. L’efficienza energetica della fotosintesi è del 5,4% dell’emissione solare.
La simulazione della fotosintesi produce idrogeno
L’idea è di utilizzare i surplus di energia elettrica fotovoltaica o eolica per scindere una molecola d’acqua, per ottenere ossigeno molecolare e idrogeno molecolare.
In un impianto sperimentale si è visto che un elettrolizzatore potenza nominale da 1 MWe produce 10 Nm3/h di H2.
L’ elettrolizzatore ha una resa del 57%
Se l’elettrolizzatore dovesse funzionare con energia prelevata dalla rete e quindi pagata, l’idrogeno prodotto verrebbe a costare 3,5€/kg, solo per la componente energia.
Sovradimensionamento fotoimpianto e stoccaggio dell’energia prodotta
La produzione fotoelettrica è incostante, mentre le fermentazioni a valle sono costanti per sui bisogna sovradimensionare l’impianto che infatti lavora mediamente 1.200 ore/anno.

E bisogna avere delle cisterne per lo stoccaggio dell’idrogeno prodotto.
L’idrogeno è poco gestibile per cui potrebbe essere utilizzato per produrre qualcosa di più maneggevole come il metano.
La chimica verde fa bioupgrading con Archaea
Dall’idrogeno al metano con i batteri Archaea
Il bioupgrading è la purificazione biologica del biogas, permette di produrre un biogas al 90-95% di CH4, e 5% H2, anzichè il solito biogas al 50-60% di metano. Il lavoro di metanogenesi viene svolto dal solito batterio Archae, che si mangia l’idrogeno e restituisce metano.
La temperatura di reazione è attorno a 55°C, comunque entro un range 20-70°C.
Il bioupgrading consiste nel raddoppiare l’idrogeno dato in pasto agli Archaea, mantenendo un rapporto H2/CO2=7:1. Nel digestato acquoso, l’H2 è poco solubile, ma con la cavitazione, il gorgoglio di idrogeno, si riesce a mettere in contatto l’archea con tutto l’idrogeno necessario.
Il metanatore ha una resa del 79%.
A questo punto il CH4 può entrare nei gasdotti già presenti per il trasporto senza costi aggiuntivi.
Conto energetico del Sogno della chimica verde 2.0
Ma alla fine cosa rende il passaggio dall’energia elettrica al metano?
Nell’impianto sperimentale abbiamo una resa del 57% per una resa del 79%, che significa una resa finale del 45%.
I passaggi Sole-fotolisi dell’acqua-idrogeno-metano hanno un costo che si paga solo se almeno il 75% l’energia proviene dal sole.
La idrogenazione catalitica dell’anidride carbonica
Nella via catalitica si lavora a 250-550°C, in un primo passaggio dall’anidride carbonica si giunge al monossido di carbonio, e nel secondo passaggio si arriva al metano. I catalizzatori sono rutenio, palladio, cobalto, ferro e nichel. I catalizzatori soffrono la presenza di acido solforico tipico dei biogas. L’idrogenazione catalitica è più efficiente di quella biologica.
Consigli di lettura:
Chimica verde 2.0 di Guido Saracco, professore ordinario del Politecnico di Torino e direttore del Centro per le tecnologie future sostenibili dell’Istituto italiano di tecnologia.